martedì 24 novembre 2009

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte terza (a cura di Gemma)


Grazie al sapiente lavoro della nostra Gemma possiamo leggere la terza parte della biografia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Un ringraziamento sincero a Gemma da parte di tutto il blog :-)

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte prima

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte seconda

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quarta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quinta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte sesta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte settima (a cura di Gemma)

Il Papa ricorda la sua giovinezza: "Nella biografia della mia vita - nella biografia del mio cuore, se così posso dire - la città di Frisinga ha un ruolo molto speciale. In essa ho ricevuto la formazione che da allora caratterizza la mia vita. Così, in qualche modo questa città è sempre presente in me e io in lei" (Commovente discorso in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Frisinga, 16 gennaio 2010)

Ratzinger: "Il mio Concilio: ricordi dell'attuale Pontefice" (Reset e Repubblica)

Joseph Ratzinger presenta se stesso: discorso di Presentazione alla Pontificia Accademia delle Scienze

Intervista esclusiva di Andrea Tornielli a Mons. Georg Ratzinger: "Mio fratello Papa Ratzinger (che voleva fare l'imbianchino)"

Conferenza stampa di presentazione del 1° volume dell'Opera Omnia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI in edizione tedesca

Il ministero sacerdotale di Joseph Ratzinger ha inizio il primo agosto del 1951, in qualità di coadiutore nella parrocchia del Preziosissimo Sangue a Monaco. Il carico di compiti affidatogli, reso più gravoso dall’iniziale inesperienza, non è indifferente e comprende, oltre le celebrazioni in parrocchia, l’insegnamento religioso a scuola e il lavoro con i giovani ma, ricorda,: “dato che il parroco non si risparmiava, anch’io non potevo né volevo farlo”.
L’esperienza di quel periodo, a contatto col mutato rapporto dei giovani e delle famiglie con la fede nel dopoguerra, lo porta ad elaborare alcune riflessioni e a metterle per iscritto diversi anni dopo in un’opera dal titolo “I nuovi pagani e la Chiesa “, diventata allora anch’essa vivace argomento di dibattito.
Il primo ottobre del ’52, viene chiamato dal seminario di Frisinga e si ripropone il dilemma che accompagnerà un po’ tutta la sua vita: da una parte la passione per il lavoro teologico, dall’altra la cura pastorale e il carico di relazioni ed esperienze umane che questo porta con sé. Dovendo terminare gli studi, decide di accettare solo in parte e di tenere un corso sulla pastorale dei sacramenti per gli studenti.

Così ricorda Alfred Lapple quel periodo:

- “Nel ’52, mentre mi accingevo a lasciare il mio incarico di docente di Pastorale dei sacramenti al Seminario di Frisinga, decisi di andare dal vescovo Faulhaber, per dirgli che il mio migliore successore in quel posto sarebbe stato Joseph Ratzinger. Che infatti, il 1° ottobre, prese il mio posto. Iniziò così la sua carriera accademica. A lui non ho mai detto che ero andato dal vescovo a proporre il suo nome. Ma mi piace pensare che forse quel mio intervento a favore della sua assunzione può aver favorito il suo cammino”.
- Nel luglio del ’53, porta a termine l’esame di dottorato, prova da lui stesso definita piuttosto impegnativa, con esame orale e scritto in 8 discipline , il tutto coronato da una disputa pubblica, con tesi tratte da tutte le discipline teologiche. Così ricorda quell’evento nella sua biografia,“fu una grande gioia, soprattutto per mio padre e mia madre, quando nel luglio del 1953 questo atto andò in scena e mi guadagnai il titolo di dottore in teologia”.
E’ di quegli anni, la conoscenza con la teologa tedesca,oggi dissidente, Uta Rank Heinemann che di quel periodo ricorda:
-“Eravamo studenti di dottorato insieme all'Università di Monaco nel 1953 e 54 ed era la prima volta che ad una donna veniva concesso il dottorato in teologia cattolica. Il nostro rispetto l’uno per l’altro divenne più profondo quando dovemmo difendere le nostre tesi in latino e, in preparazione, traducemmo insieme le nostre tesi dal tedesco al latino. Lui era molto intelligente. Era la star tra gli studenti maschi; c’erano poche studentesse femmine e tutte ammiravamo la sua intelligenza. Ma c’era qualcosa di più di lui che ammiravo. Era uno studente piuttosto timido, non ossessionato dal suo ego. Mi piaceva la sua intelligenza umile. Ho spesso citato alcuni passaggi dei suoi libri nei miei e durante tutta la mia vita molte persone sono rimaste sorprese che io lo abbia spesso difeso, sebbene abbia sempre detto che ritengo molte delle sue opinioni sbagliate.”
- Alla fine del semestre estivo 1953, si libera la cattedra di dogmatica e teologia fondamentale presso il seminario teologico di Frisinga e i superiori pensano a lui come prossimo titolare. Impegnato nella stesura della tesi di abilitazione, accetta di tenere il corso di dogmatica come professore straordinario e rimanda di un anno l’incarico di teologia fondamentale. La tesi di abilitazione, su volere del professor Söhngen, verte questa volta sul Medioevo, su Bonaventura e sul concetto di rivelazione :
- ”dovevo verificare se in qualche forma ci fosse in Bonaventura un corrispondente del concetto di storia della salvezza e se questo motivo, qualora fosse riconoscibile, si ponesse in rapporto con l’idea di rivelazione”.
Inizia il lavoro con entusiasmo ma nel mentre, in seguito alla morte del professore emerito di filosofia, viene nuovamente sollecitato ad assumere la cattedra di dogmatica. Accetta di tenere il corso ma rinvia ancora l’incarico di teologia fondamentale e alla fine dell’autunno del 1955, nonostante si sia imbattuto in una dattilografa un po’ distratta, responsabile di errori di battitura e d’impaginazione e di una veste grafica tutt’altro che soddisfacente, riesce finalmente a consegnare il lavoro alla facoltà di Monaco.
Nel frattempo, deve prendere una decisione riguardo alla sistemazione abitativa dei genitori, ormai anziani per vivere da soli a Traunstein, nella vecchia casa ai margini del bosco. Dato che l’esame di abilitazione sembra cosa sicura e con la morte di uno dei professori si è liberata una casa nei pressi del duomo di Frisinga, accetta la sistemazione proposta dai superiori e progetta la riunificazione della famiglia.
Ricorda con malinconia il momento del trasloco: “un distacco, che non significava solo andar via da un luogo, ma da un pezzo di vita”, tuttavia, la capacità di adattamento dei genitori, la disponibilità e l’aiuto materiale degli studenti della facoltà, contribuiscono a rendere la nuova casa subito accogliente e a ricreare tutto intorno un nuovo clima di serenità.
Nuove nubi però non tardano ad arrivare e, nonostante l’entusiasmo del prof Söhngen nei confronti della sua tesi di abilitazione, il suo lavoro viene fortemente contestato dal correlatore, il prof. Schmaus che, nel corso di un colloquio, “in maniera piuttosto fredda e senza nessuna emozione” gli comunica che deve ricusare il suo lavoro perché non corrisponde ai criteri richiesti per opere di quel genere. Al riguardo, lo stesso Ratzinger ricorda nella sua biografia: “era come se mi avesse colpito un fulmine a ciel sereno. Tutto un mondo minacciava di crollarmi addosso….I miei progetti per l’avvenire, tutti orientati all’insegnamento della teologia, erano falliti”. Nei suoi pensieri si fa strada il timore del fallimento e la responsabilità di aver coinvolto gli anziani genitori in un progetto senza futuro. Nell’analisi dell’accaduto, cita tre fattori: Schmaus è in quel periodo in Germania il principale referente degli studi sul Medioevo. Ratzinger, non solo non si è affidato alla sua guida per condurre il suo studio ma nella sua ricerca critica quelle che ritiene posizioni superate. Non hanno poi aiutato il giudizio gli errori di stampa e l’insufficiente veste grafia, in parte rimasti nonostante le correzioni, e certe voci circolanti riguardo alla modernità della sua teologia.
Quegli stessi concetti, acquisiti grazie allo studio su Bonaventura, saranno molto importanti per Ratzinger durante il dibattito conciliare sui temi della rivelazione, della Scrittura e della tradizione. Purtroppo, allora, Schmaus non vede affatto nelle sue tesi una fedele interpretazione del pensiero di Bonaventura ma , come afferma lo stesso Ratzinger “un pericoloso modernismo, che doveva condurre verso la soggettivazione del concetto di rivelazione”.
Dopo una tempestosa seduta del consiglio di facoltà , il lavoro non viene ricusato ma comunque restituito per essere corretto, in base alle osservazioni riportate da Schmaus nell’originale (“note a margine, scritte in ogni colore, che a loro volta non lasciavano a desiderare in quanto a durezza”). Tale lavoro avrebbe potuto richiedere un impegno di anni ma Ratzinger si accorge che, mentre le prime due parti sono piene di correzioni e annotazioni polemiche, l’ultima parte, dedicata alla teologia della storia di Bonaventura, nonostante contenga anch’essa materiale innovativo, è intatta e può comunque possedere una sua autonomia, costituendo una tesi a sé stante.
Ripresenta quindi in tempi brevi la sua tesi, seppur in forma ridotta, e il 21 febbraio 1957 dopo quella che finisce per diventare quasi una appassionata disputa teologica tra Söhngen e Schmaus e una lunga riunione consiliare, supera l’esame ed ottiene la tanto desiderata abilitazione.
Dal racconto di Lapple: - “Ratzinger fece la sua esposizione. Poi Schmaus iniziò chiedendo più o meno se secondo Ratzinger la verità era qualcosa di statico e immutabile o qualcosa di storico-dinamico. Ma non rispose Ratzinger. Prese la parola Söhngen, e i due professori iniziarono a scontrarsi in quella che sembrava una grande disputatio medievale. Il pubblico applaudiva Söhngen e sembrava compiaciuto che Schmaus, il professore altezzoso, stesse prendendo una bella botta. Alla fine arrivò il rettore e disse: basta, il tempo è scaduto. Allora relatore e correlatore si alzarono e dissero in tutta fretta: va bene, è abilitato “ - Nella sua biografia, Ratzinger ricorda così quei momenti: “sul momento non riuscii quasi a provare gioia , tanto si faceva ancora sentire l’incubo di quel che avevo passato. Ma a poco a poco si sciolse l’ansia che si era accumulata in me; ora, finalmente, potevo continuare in pace il mio lavoro a Frisinga e non dovevo più temere di aver trascinato i miei genitori in una triste avventura”.
Poco tempo dopo viene nominato libero docente all’università di Monaco e il primo gennaio 1958 professore di teologia fondamentale e dogmatica presso il seminario filosofico-teologico di Frisinga, pur con qualche disturbo da parte avversa. Le relazioni col prof Schmaus in un primo tempo restano tese ma miglioreranno progressivamente negli anni 70 fino a diventare amichevoli. E’ di quel periodo invece, in contemporanea alla distanza da Schmaus, l’avvicinamento a Karl Rahner con cui instaura un rapporto cordiale già durante il travagliato periodo del conseguimento dell’abilatazione.
La sistemazione di Frisinga è destinata a breve durata: il fratello Georg ha terminato gli studi musicali, diventa direttore del coro in una parrocchia di Traunstein e porta con sé i genitori e Ratiznger nell’estate del 58 è libero di accettare la cattedra di teologia fondamentale a Bonn – “la cattedra che il mio maestro, Söhngen , aveva sempre desiderato, ma che nelle circostanze di quegli anni gli era rimasta preclusa. Giungere a quella cattedra era per me quasi un sogno”-
Dal racconto del prof. Lapple vengono riferiti problemi tra Ratzinger e la curia episcopale, che lo avrebbe voluto impegnato nell’insegnamento pedagogico in un istituto alla periferia di Monaco. Ma in Germania vige una legge per cui se un professore viene chiamato da un’università statale, il vescovo non può porre alcun veto alla chiamata e il cardinale Wendel, allora arcivescovo di Monaco, forse a malincuore, deve prenderne atto e lasciarlo libero di dedicarsi all’insegnamento teologico universitario.
Dell’esperienza di Frisinga Ratzinger ricorda: “il Domberg di Frisinga, l’altura sulla quale sorge la cattedrale e su cui ora, purtroppo, non c’è alcun seminario, è rimasto in me come qualcosa di profondamente mio, a cui si legano i ricordi di un inizio grande, anche se gravato da tanti rischi, insieme con le immagini della convivenza quotidiana e delle ore gioiose, che là abbiamo potuto vivere.”

Vedi anche:

Le origini tirolesi di Joseph Ratzinger: i ricordi del fratello Georg (da Gelmi Josef, „Die Päpste mit dem Namen Benedikt“)

Joseph Ratzinger e Bressanone: i ricordi del dott. Johannes Messner